Riconoscimento del possesso della cittadinanza italiana a cittadini stranieri di ceppo italiano (iure sanguinis)
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Servizio attivo
La cittadinanza italiana si trasmette, in generale, per sangue e cioè genitore italiano genera figli italiani, indipendentemente da dove essi nascano
A chi è rivolto
Ai cittadini stranieri maggiorenni discendenti di cittadini italiani
Possono presentare la richiesta i diretti interessati già iscritti nell'Anagrafe della popolazione (ANPR) del Comune
Descrizione
La richiesta di riconoscimento del possesso della cittadinanza italiana iure sanguinis, e cioè attraverso la linea di sangue, riguarda i discendenti di cittadini italiani nati in uno Stato che invece prevede la cittadinanza ius soli (cioè chi nasce in quello Stato ne è cittadino). E’ il caso dei Paesi americani e dell'Australia.
La competenza ad effettuare il riconoscimento della cittadinanza italiana è del Sindaco del Comune dove l'interessato ha stabilito la residenza.
Si precisa che per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis non è possibile:
- l'iscrizione anagrafica quale persona senza fissa dimora, in quanto requisito indispensabile per l'iscrizione anagrafica è la dimora abituale e non il domicilio, e la circolare k.28.1/1991 non fa riferimento all'art.2 della L. n. 1228/1954, ma all'art.3 del d.P.R. n. 223/1989;
- l'iscrizione nello schedario della popolazione temporanea poiché tra i motivi richiesti dalla normativa per tale iscrizione non vi è quello relativo al riconoscimento della cittadinanza, ed inoltre la circolare k.28.1/1991 non fa alcun riferimento all'art.8 della L. n. 1228/1954
- avvalersi di un legale rappresentante del richiedente o di qualcuno in sua vece, in quanto dovrà essere verificata la dimora abituale dell'interessato.
La cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente, oltre ai casi di emigrazione o morte, può avvenire per:
- irreperibilità accertata;
- mancanza del permesso di soggiorno o mancato rinnovo dello stesso.
Il Ministero dell’Interno con proprie Circolari n. 26 del primo giugno 2007, e la n. 4 del 20 gennaio 2009, ha sottolineato l’importanza che gli ufficiali di stato civile prestino la massima attenzione «nell’acquisizione e nella valutazione dei documenti che vengono presentati ai fini dell’acquisizione della cittadinanza italiana per discendenza ... al fine di contrastare e prevenire il fenomeno della falsificazione degli atti nell’ambito delle procedure in materia di cittadinanza. Tanto considerato si ribadisce la necessità dell’effettuazione di maggiori e più accurati controlli sui documenti presentati a corredo delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana.».
Pertanto, l’ufficiale di stato civile deve sempre effettuare verifiche approfondite relativamente agli atti prodotti, ed, in caso di dubbio, prendere contatti con il Consolato competente per accertare la veridicità del documento presentato.
Si precisa che la documentazione a supporto del riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, è valutata dagli uffici competenti solo a seguito della presentazione di regolare richiesta di riconoscimento della stessa da parte delle persone già iscritte nell'Anagrafe del Comune.
La documentazione presentata a supporto della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana, NON verrà restituita al richiedente in nessun caso, sia che l'esito del procedimento sia positivo sia che l'esito sia negativo. Il richiedente, invece che i documenti originali, può in alternativa presentare copie autenticate degli stessi, in regola con l'imposta di bollo
Come fare
Per la richiesta di residenza è necessario rivolgersi all'Ufficio Anagrafe.
Per il riconoscimento della cittadinanza italiana è necessario rivolgersi all'ufficio di stato civile
Cosa serve
I documenti da presentare al momento della presentazione della domanda di iscrizione in anagrafe sono i seguenti:
- istanza di iscrizione anagrafica;
- passaporto o documento equipollente in corso di validità
- un valido titolo di soggiorno tra quelli seguenti: permesso di soggiorno; richiesta di rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato o ricongiungimento famigliare; per coloro che sono entrati in Italia da meno di 45 giorni e che provengono da un paese che non applica l'accordo di Shengen, il timbro Shengen sul documento di viaggio apposto dall'autorità di frontiera; per coloro che sono entrati in Italia da meno di 45 giorni e che provengono da paesi che applicano l'accordo di Shengen, copia della dichiarazione di presenza resa dal Questore entro 8 giorni dall'ingresso, ovvero della dichiarazione resa, ai sensi dell'art.109 del r.d. n.773/1931, ai gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive;
- documentazione idonea a dimostrare il possesso dei requisiti necessari per poter avviare il procedimento finalizzato al riconoscimento della cittadinanza italiana ai sensi dell'art.13, c.1, della L. n.91/1992; (vedi punti successivi);
- codice fiscale
- documenti originali, in regola con le norme sulla traduzione e la legalizzazione, comprovanti lo stato civile e la composizione della famiglia (si tratta di documentazione non obbligatoria ai fini dell'iscrizione anagrafica, che però risulta indispensabile affinchè l'ufficiale d'anagrafe possa legittimamente registrare agli atti i dati gli status personali e familiari);
- dichiarazione se si è in possesso di una patente valida in Italia e la proprietà di auto, moto, rimorchi, navi o aeriei, registrati nei pubblici registri italiani
Cosa si ottiene
L'iscrizione nell'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) e, successivamente, il riconoscimento della cittadinanza italiana quale discendente di cittadino italiano
Tempi e scadenze
Per l'iscrizione anagrafica si rimanda alla pagina del presente sito in cui viene illustrata la procedura.
Per la cittadinanza iure sanguinis, i tempi sono quelli previsti dalle norme sul Procedimento Amministrativo.
Per il rilascio di certificati ed estratti ai fini dell'acquisto della cittadinanza italiana, i tempi sono quelli previsti dall'art. 14 c.2-bis del d.L. n.113/2018, come convertito con L. n.132/2018, e dalla Circolare del Ministero dell’Interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, Direzione centrale per i diritti civili la cittadinanza e le minoranze, del 25/01/2019 prot.666 ovvero 6 mesi dalla data della richiesta
Dalla richiesta 6 mesi
Quanto costa
Non è previsto nessun costo per l’attività dell’ufficio di stato civile. Per assolvere gli obblighi relativi all’imposta di bollo occorre una marca da bollo di € 16,00 per la domanda
Documenti
Accedi al servizio
Uffici che erogano il servizio:
Vincoli
- estratto dell’atto di nascita dell’avo italiano emigrato all’estero rilasciato dal comune italiano ove egli nacque;
- atti di nascita, muniti di traduzione ufficiale italiana, di tutti i suoi discendenti in linea retta, compreso quello della persona che chiede il riconoscimento della cittadinanza italiana;
- atto di matrimonio dell’avo italiano emigrato all’estero, munito di traduzione ufficiale italiana se formato all’estero;
- atti di matrimonio dei suoi discendenti, in linea retta, compreso quello dei genitori della persona che chiede il riconoscimento della cittadinanza italiana;
- certificato rilasciato dalle competenti Autorità dello Stato Estero di emigrazione, munito di traduzione ufficiale in lingua italiana, attestante che l’avo italiano a suo tempo emigrato dall’Italia non acquistò la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione anteriormente alla nascita dell’ascendente dell’interessato;
- certificato rilasciato dalla competente Autorità consolare italiana attestante che né gli ascendenti in linea retta né la persona che richiede il riconoscimento della cittadinanza italiana vi abbiano mai rinunciato ai termini dell’art. 7 della legge 13 giugno 1912, n. 555 e della legge 5 febbraio 1992 n. 91;
- certificato di residenza.
- passaporto (con regolare visto apposto dalla nostra Autorità all'estero, avrà un timbro d'ingresso, che dà la decorrenza dei 3 mesi, apposto dalla nostra Polizia di frontiera nell'aeroporto italiano in cui la persona è atterrata, in caso abbia volato direttamente dal Sud America (o da altro Stato extra Schengen) all'Italia. Dovesse invece aver fatto scalo in un altro Paese Schengen , di cui l'Italia fa parte (ad esempio la Spagna), all'arrivo in Italia dovrà entro 8 giorni recarsi in Questura per effettuare la dichiarazione di presenza.
- domanda per riconoscimento cittadinanza iure sanguinis
- i certificati e gli atti di morte hanno validità illimitata;
- tutta la documentazione relativa a persone decedute e rilasciata in una data successiva al loro decesso, ha validità illimitata;
- tutta la rimanente documentazione ha validità di 6 mesi.
- L’estratto dell’atto di nascita dell’avo emigrato;
- Gli atti di nascita di tutti i discendenti, compreso quello del richiedente;
- Gli atti di matrimonio dell’avo emigrato e di tutti i discendenti, compreso quello del richiedente, se coniugato;
- L’atto di morte dell’avo emigrato che sia nato prima della costituzione del Regno d’Italia. Tale atto, benché non indicato nella circolare del 1991, serve a verificare che il decesso sia avvenuto dopo il 17 marzo 1861.
- Per verificare correttamente quale sia il Consolato competente a cui richiedere la sopracitata attestazione, è indispensabile che nel presentare la richiesta per il riconoscimento della cittadinanza italiana, l’interessato sia quanto più possibile preciso nell’indicare i luoghi di residenza e di formazione degli atti di stato civile di se stesso e dei suoi ascendenti.
- Al fine del riconoscimento della cittadinanza italiana ai sensi della circolare ministeriale K.28.1 dell’8 aprile 1991, si ritiene che, qualora un Consolato, al quale si sia rivolto un Comune italiano per conoscere se una o più persone abbiano rinunciato alla cittadinanza italiana, comunichi che quelle persone non sono conosciute alla rappresentanza diplomatica, tale risposta sia compiutamente soddisfacente. Infatti, se un soggetto non è conosciuto alla rappresentanza diplomatica e non esiste un fascicolo a lui intestato, significa che non ha rinunciato alla cittadinanza.
Ulteriori informazioni
Conseguenze in relazione al rigetto delle domande di iscrizione anagrafica o di riconoscimento della cittadinanza italiana
Il procedimento di stato civile di riconoscimento della cittadinanza italiana, e quello d’anagrafe di iscrizione in ANPR, necessario per poter presentare la richiesta all’ufficiale di stato civile del Comune, sono separati, ma ciò non toglie che vi possano essere interferenze tra i due in applicazione del regolamento anagrafico e di stato civile.
Se in occasione dei controlli necessari per verificare il possesso dei requisiti per l’iscrizione in ANPR, l’ufficiale di anagrafe rilevasse il non possesso della dimora abituale e rigettasse l’istanza di residenza, l’ufficiale di stato civile non sarebbe più competente a proseguire l’istruttoria per il riconoscimento della cittadinanza italiana, poiché il cittadino non è mai stato residente e quindi dovrebbe rigettare la sua istanza per incompetenza.
Se, invece è l’ufficiale di stato civile a non rilevare i requisiti sufficienti a riconoscere la cittadinanza italiana, e quindi a rigettare l’istanza, l’ufficiale di anagrafe, anche se si sono conclusi i termini per la conferma della residenza anagrafica, dovrà annullare il provvedimento di iscrizione anagrafica poiché decadono i presupposti in base ai quali il cittadino era stato iscritto: non essendo cittadino straniero discendente da avo italiano non poteva essere iscritto in forza della circolare del Ministero dell’Interno n.32/2007, ovvero doveva presentare il permesso di soggiorno. Infatti, il cittadino extracomunitario può richiedere la residenza, ai sensi della citata circolare n. 32/2007, senza produrre il permesso di soggiorno, ma in quanto richiedente il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis beneficia della condizione di favore, per cui viene iscritto esclusivamente producendo il passaporto con timbro di ingresso se proveniente da area extra-Shengen oppure con la produzione della dichiarazione di presenza se proveniente da Paesi appartenenti all’area Shengen.
Quindi, riassumendo:
- se l’ufficiale d’anagrafe rigetta l’istanza di residenza, o annulla l’iscrizione anagrafica, l’ufficiale di stato civile deve rigettare la domanda di riconoscimento iure sanguinis per incompetenza, in quanto non essendo il cittadino mai stato residente, l’ufficiale di stato civile non era competente a recepire la domanda di riconoscimento della cittadinanza;
- se l’ufficiale di stato civile rigetta la domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana, l’ufficiale d’anagrafe deve annullare l’iscrizione anagrafica se già iscritto, o rigettare la domanda di residenza se l’istruttoria è ancora in corso. Il cittadino, infatti, non essendo discendente da avo italiano, in quanto gli è stata rigettata la domanda, non può essere iscritto beneficiando della norma di favore, che esclude la presentazione del permesso di soggiorno.
La natura vincolata della valutazione dell’ufficiale di stato civile degli atti di stato civile stranieri
Di fronte agli atti di stato civile stranieri e ai documenti acquisiti d’ufficio (copie integrali degli atti di stato civile italiani, certificati storici di residenza...), la valutazione dell’U.S.C. è strettamente vincolata, e non vi può essere margine di diversa valutazione: per potersi riconoscere la cittadinanza italiana iure sanguinis deve essere riscontrabile la cittadinanza italiana del genitore e la filiazione. «È cittadino per nascita il figlio di padre o di madre cittadini».
L’attività dell’U.S.C. è di natura vincolata: nell’attività amministrativa posta in essere dagli uffici dello stato civile non vi può essere alcuna discrezionalità, nel senso che questi sono chiamati unicamente ad applicare la legge e i dettami contenuti in circolari ministeriali (art.9, c.1, del d.P.R. n.396/2000), se la fattispecie considerata risponde ai requisiti legislativi, può applicarsi la norma che di volta in volta viene in rilievo; in caso negativo, invece, la norma non può applicarsi e l’U.S.C. non può sopperire alla mancanza dei presupposti legislativi con valutazioni discrezionali.
A conferma di ciò, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 11696 del 14/05/2018, ha affermato che l’attività dell’U.S.C. risulta «del tutto priva di discrezionalità amministrativa, in quanto regolata esclusivamente da norme legislative o regolamentari che ne pongono in luce la vincolatività».
La materia della cittadinanza, inoltre, è connotata dal fatto che il privato cittadino è titolare di una posizione giuridica qualificabile in termini di diritto soggettivo, il che equivale a dire che se la richiesta dall’interessato corrisponde a quanto previsto dalle norme, è suo diritto soggettivo ottenere il beneficio desiderato, senza che la pubblica amministrazione possa esercitare delle scelte discrezionali. In altri termini, se il soggetto che si rapporta con l’ente pubblico ha diritto ad ottenere un determinato beneficio, non è nelle facoltà della Pubblica Amministrazione opporre un rifiuto discrezionale.
Se l’attività dell’U.S.C. è vincolata lo è anche la valutazione documentale necessaria nell’istruzione del procedimento amministrativo di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis. Tale vincolo si esprime nell’impossibilità di accertare che vi sia una linea di discendenza se non vi è esatta corrispondenza nei cognomi tra il richiedente il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis e coloro che ritiene essere i suoi avi, anche qualora tale differenza fosse minima (Bianchi e Bianco, per fare un esempio).
Questo in quanto la disciplina italiana in materia di cognome, prevedeva (art. 185 del codice civile) ed ha previsto (art.262 del codice civile nella versione precedente alle modifiche apportate dalla Corte costituzionale nel 2022 ) per molto tempo che il figlio assumesse il cognome del genitore che per primo lo riconosceva o, in caso di genitori coniugati, il cognome paterno, tramandano pertanto di generazione in generazione il medesimo, identico cognome. E’ pertanto giocoforza escludere il rapporto di filiazione tra due soggetti che non riportano il medesimo identico cognome.
Non vale a dimostrare l’ipotetico rapporto di filiazione, messi a confronto i relativi atti di stato civile, la coincidenza di altri dati personali: l’analisi degli atti da parte dell’U.S.C. non può avere margini discrezionali e i documenti stessi non possono essere frutto di libera interpretazione, i dati personali delle persone coinvolte devono coincidere interamente e, se così non fosse, l’unica logica conclusione possibile è quella secondo cui si sta parlando di due persone diverse.
Margini di tollerabilità possono riguardare alcuni casi specifici, quali la «traduzione» nella lingua del Paese di emigrazione dell’avo di alcuni nomi propri, sebbene sia formalmente una discrepanza nei dati personali, non impedisce la ricostruzione della linea di discendenza: Marco è Marcos, semplicemente il nome proprio viene declinato nella lingua del nuovo Paese ospitante.
Comunque questo non può valere per il cognome, il quale deve rimanere inalterato, non potendo questo essere soggetto a traduzione.
Allo stesso tempo, se il Comune italiano di nascita viene indicato negli atti stranieri come la Regione o la Provincia di appartenenza di quel Comune, non si tratta di discrepanza che possa escludere la discendenza, così come la città straniera potrebbe essere indicata in altri atti di stato civile con un nome diverso (è frequente che Buenos Aires diventi Capital Federal).
Queste discrepanze non sono assimilabili a quelle che possono riguardare il cognome o l’età dei soggetti coinvolti: il cognome di una persona viene attribuito al momento della nascita e quello deve rimanere, così come l’età di una persona non è un calcolo opzionale.
Nel momento in cui l’U.S.C. dovesse rilevare una difformità negli atti di stato civile che dovessero comportare la possibilità che la richiesta di riconoscimento della cittadinanza italiana non venga accolta, si deve procedere ad emanare un preavviso di diniego all’accoglimento della richiesta, ai sensi dell’art. 10-bis legge 241/1990, spiegando le ragioni ostative all’accertamento della linea di discendenza italiana, con il quale l’interessato potrebbe integrare la sua richiesta con altra e ulteriore documentazione che possa comprovare il legame di discendenza o, in alternativa, di sospendere il procedimento ai sensi dell’art. 2, comma 7 legge 241/1990, per un termine massimo di 30 giorni, al fine di consentire, con un termine di tempo maggiore, l’integrazione documentale richiesta. Qualora, al termine del periodo di sospensione concesso, non dovesse essere prodotta la documentazione necessaria, l’unica conclusione possibile del procedimento sarebbe in termini negativi (preceduta ovviamente dal preavviso ex art. 10-bis).